Le telecamere ci portano in una palestra non troppo grande, nella quale sono comunque presenti tutti gli attrezzi necessari. C’è solo una persona al suo interno, nel bel mezzo di un esercizio per il rafforzamento delle gambe, più precisamente il leg press. Non appena egli s’accorge della presenza del cameraman, gira lo sguardo: è Pete Dunne. Il Bruiserweight scende dallo schienale in pelle nera e si piazza davanti al teleschermo. Addosso ha un paio di pantaloncini bianchi e… una maglietta con un bel visibile logo della WWE stampato sopra!
“So benissimo che vi state chiedendo perché io stia portando questo indumento. La World Wrestling Entertainment ormai non esiste più. Vince McMahon ha deciso di investire in altro e quell’altro si chiama Showdown Project Wrestling. Eppure io credo che quello che porto sia un cimelio. Non perché combattere per la WWE sia stato un onore, ma perché mi ha permesso di guadagnare la notorietà che merito. Quando sono stato contattato per lo UK Tournament sapevo benissimo a cosa sarei andato incontro: più bookings, più soldi, più rispetto. Delle prime due cose devo ammettere di essere quasi un feticista, sia perché adoro provocare dolore alle persone sia perché arricchirmi con quest’ultima cosa mi provoca ancora più soddisfazione. Ma pensate me ne freghi qualcosa dell’ammirazione altrui? La risposta è più retorica della domanda: no. Per quel che mi riguarda, ricordo di aver attaccato Sam Gradwell semplicemente perché volevo far capire a quel rimbambito di William Regal di che pasta fossi fatto. E se sono disposto a mandare all’aria un progetto sul quale uno dei maggiori veterani di questa disciplina ha passato sei mesi della propria vita, immaginate cosa sia disposto a fare per cercare di essere il migliore.”
Pete inarca la bocca in una smorfia di compiacimento misto a sadismo.
“Pete Dunne non è solo un pro wrestler, ma un’istituzione. E’ un volto sul quale puntare, un gioiello da sfoggiare con vanto per ogni federazione del mondo. E sapete come mai sto qui a ricordarvelo? Non perché vi entri in quelle zucche marce, vi ho già detto quanto non me ne freghi un cazzo di essere apprezzato. No, vedete, l’unica motivazione che mi porta a fare certe dichiarazioni è perché io non sopporto le persone come Matt Riddle. Odio pensare che uno col suo talento abbia completamente mandato all’aria la sua carriera nelle arti marziali miste semplicemente per una concessione che sapeva di poter aspettare a darsi. Sei serio, Matthew? Tu ti vendi come big deal semplicemente perché sei passato al pro wrestling dopo che Dana White ti ha cacciato a calci nel culo per la positività al drug test? Non capisco se questa tua demenza dipende dalla marijuana o semplicemente da una caduta dal passeggino quando ancora non ti sapevi pulire il sedere da solo.”
Dunne si avvicina alla telecamera.
“Tu non sei un’attrazione. Sei un fallito. Sei quel tipo di persona che, avendo fallito in un campo da gioco, cambia terreno di battaglia convincendosi di saperci muovere i piedi, e magari sapendoceli muovere davvero, ma che non per questo lo dissocia dal suo vero ruolo: lo scarto. Quella che in amore si chiama seconda scelta. E tu conosci l’amore, Matthew. Vivi la tua vita sul momento, senza progettare niente. Poi Sali sul ring e meni di santa ragione. E’ vero, so che sarà ostico metterti spalle al tappeto, sei un campione nelle transizioni, nel piegare le articolazioni alla gente fino a far loro urlare il nome della mammina. Cionondimeno, ho una notizia da darti: tutto quello che sai fare, tutto quello per cui hai studiato, per cui ti sei preparato, per cui ti sei fatto un nome, io lo so fare meglio. Tu forse credi nella filosofia di Bob Marley, ma io mi ci pulisco il culo con queste stronzate. Immagino tu porti rispetto esclusivamente a chi dimostra di meritarlo. Benissimo, io non lo merito. Scordati di stringermi la mano dopo che ti ho violentemente sbattuto la faccia a terra e spezzato le dita, perché lo farò prima per piacere personale che per competizione. E mettiti in testa che chi disse che il rispetto è meglio della paura, perché dopo una sconfitta il primo resta e la seconda svanisce, evidentemente si forniva dal tuo stesso pusher. Io voglio che tu chiuda gli occhi quando ti avrò messo spalle a terra, piegato tutte e dieci le dita, preso a calci nelle costole e fatto sputare sangue. E sai perché?”
Segue un attimo di pausa, al termine del quale Pete Dunne si toglie la maglietta e la getta a terra con violenza.
“Perché tu non conosci la paura. E non c’è cosa migliore di farla assaporare a chi credeva di non poterla assaggiare mai. Ci vediamo sul ring, maledetto fallito del cazzo.”
Dunne fa per andarsene, ma si ferma quasi subito, tornando sui suoi passi e puntando il dito verso la telecamera.
“Ah, e in quanto a te Trent Seven, prova ad intrufolarti clandestinamente nel mio match e ti giuro che come gli addetti sono stati a soccorrerti la scorsa settimana, questa volta serviranno dei paramedici per raddrizzarti le braccia dopo che te le avrò spezzate come fuscelli.
TRUST ME.
TRUST THE BRUISERWEIGHT.”
Camera fades.